giovedì 13 gennaio 2022

La cosa più cattiva

Non voglio girarci troppo attorno, andrò subito al punto. Dopo la versione breve ci sarà tutto il tempo e lo spazio per divagare.
Immaginate un bambino sui 4/5/6 anni (non ricordo di preciso). Quasi sicuramente un sabato o domenica pomeriggio. Questo Bambino scende di casa col Papà per andare al bar sotto casa a mangiare noccioline e giocare a Puzzle Bobble. Finiti di scendere i due piani di scale, prima di uscire dal palazzo bisogna attraversare il cortile. Fu proprio lì che avvenne il fattaccio. La figlia dei vicini di casa (due anni più grande del Bambino) era in cortile tranquilla a saltare la corda. Il Bambino le si avvicina e le chiede se può provare anche lui a saltare come fa lei. Il Bambino però non è molto bravo. Sbaglia una volta, due, tre... ad un certo punto il Bambino stufo di fallire, in un gesto di rabbia, afferra la corda e sbatte a terra con tutta la forza che ha l'impugnatura in legno della medesima. STOK. L'impugnatura si stacca e si divide perfettamente a metà lungo l'asse verticale, generando due parti simmetriche. Il Bambino non contento (e la bambina ancora poco conscia di quello che sta accadendo) afferra una metà dell'impugnatura e la lancia attraverso il cortile, oltrepassando con una virtuosa e precisa  traiettoria un muro. Il muro in questione separa il cortile stesso dalla zona del retro di un bar. Fatto ciò, il Bambino ripete lo stesso procedimento con l'altra parte del manico della corda. A questo punto la bambina avendo avuto modo di capire cos'è successo scoppia giustamente a piangere. Il Papà del Bambino prende per mano il Bambino e tornano su a casa. Quel giorno niente noccioline nè Puzzle Bobble.
 
Colpo di scena: quel bambino ero io. Probabilmente il mio aspetto era una via di mezzo tra queste due foto.

 

 

Se in questa storia avevo dai 4 ai 6 anni doveva essere per forza di cose un periodo temporale dal 1994 al 1996. Appena cominciate le elementari in pratica. Quindi il periodo storico lo abbiamo inquadrato suppergiù.

Era una giornata di sole, c'era bel tempo. Weekend? Molto probabile. Mia madre era rimasta in casa ed era riuscita a liberarsi di me e mio padre in modo da poter continuare a fare le sue faccende domestiche indisturbata. L'idea era molto semplice all'epoca: andare giù, al bar, Da Francesco. Così lo chiamavamo, non si sapeva il nome del bar... ancora adesso se provo a chiedere nessuno sa e nessuno si ricorda. Pare assurdo ma forse non aveva nemmeno un nome quel bar. Quindi la cosa più semplice da fare era dire Da Francesco, che poi era il nome del signore che lavorava lì. Era un bar in cui si giocava a carte, ma quelle serie, non ad UNO come faccio io. C'erano soldi reali in gioco e scommesse varie, gente losca e ci fu almeno un colpo sparato in quel locale. Questo Francesco stava sempre dietro al bancone, espressione tranquilla e carnagione molto pallida. Non so perché la mia fantasia un giorno me lo fece immaginare senza gambe. Nel senso umano a metà, fino all'ombelico più o meno. Dalla vita in giù era dotato di un carrellino scorrevole, con delle rotelle, una tecnologia molto pratica e perfetta per muoversi lateralmente (a sinistra e a destra) dietro al bancone stando comunque sempre rivolto verso il cliente.

Una cosa del genere.

 

Per tanti ma tanti anni siamo andati al bar di Francesco, pur non essendo io un frequentatore di bar in senso lato, nel senso che da solo non ci entro praticamente mai. Quando ero più piccino lo frequentavamo spesso, prendevamo i gelati confezionati che erano disponibili. Mia sorella prendeva sempre il solito. Dato che era davvero sempre il solito, il nome ufficiale di quel gelato (siccome, esattamente come il bar, non aveva un nome proprio o comunque non lo si conosceva) divenne il solito.


Il solito.

 

Oltre al solito gelato prendevamo spesso le noccioline! C'era questo distributore cilindrico pieno di nocciole già sgusciate col vetro trasparente in modo che fossero ben visibili. Una roba d'altri tempi o forse no. Ricordo che funzionava a monete (in quegli anni usavamo ancora le lire) ma non ricordo quale taglio di monete accettasse. Il termine taglio si usa anche per le monete o solo per le banconote? Fatto sta che mettevi denaro quanto basta e potevi girare la manopola. Il numero di nocciole che usciva non era sempre lo stesso. Come la nuvola di probabilità degli elettroni intorno al nucleo di un atomo, era impossibile calcolare quante noccioline sarebbero uscite. Vi era piuttosto un range abbastanza sicuro di 4-5 noccioline. A volte eri più fortunato, a volte meno.

 

 

Essendo poi in periodo pre-slot machine era abbastanza normale che nei bar ci fossere dei cabinati arcade. Avete presenti quelli tipici delle sale giochi? Ecco, da Francesco ricordo quello di Metal Slug e Puzzle Bobble. Infatti questa storia inizia proprio con mio padre che mi voleva portare qui per giocarci. Ora non vorrei esagerare, ma tutte le cose fatte in tenera età in qualche modo ci segnano. Se il mio primo videogiocho è stato Super Mario Bros su NES, un altro importante imprinting videoludico l'ho avuto proprio qui da Francesco. Difatti, oltre Super Mario, anche Metal Slug e Puzzle Bobble li adoro e li continuo a giocare ancora adesso.

 

Si lo so, bust-a-move... sarebbe puzzle bobble chiamato in un'altra maniera.

Puzzle Bobble andava forte in quegli anni, lo trovavi ovunque. Me lo ricordo quando andavo a giocare a calcio da piccolo, presente nel bar fuori dal campo. In tutte le sale giochi di tutta Cesenatico, città che occupa il 99% delle mie vacanze estive. Andavamo sempre in vacanza a Cesenatico, sempre al Bagno Medusa; e per qualche edizione delle vacanze estive persino il Bagno Medusa ha avuto il suo cabinato di Puzzle Bobble. 

Un anno c'era un ragazzo un po' più grande di me, temuto e rispettato poichè si diceva fosse fortissimo a quel gioco. Non credo di averlo mai visto giocare. Fatto sta che in sala giochi una sera riuscìì a finire Puzzle Bobble per la prima volta in assoluto! La voce si sparse in spiaggia ed io e quel ragazzo più grande giungemmo ad un confronto verbale piuttosto controllato: lui per testare il territorio mi chiese con quanti gettoni avessi finito il gioco. Io in tutta sincerità risposi "cinque". Lui replicò con "tsk, io tre". Ma non fu così arrogante come il mio tsk scritto può far pensare eh. Anzi, non c'era invidia o desiderio di prevaricazione. Forse poco poco. Sembrava avesse del rispetto nei miei confronti, il ragazzino più piccolo che però era riuscito a finire il gioco. Inoltre stando ai commenti io lo battevo almeno in velocità (forse anche in punteggio) in quanto una volta uno mi disse che lui faceva quasi tutti NO BONUS. Che significa direte. NO BONUS era la scritta che compariva dopo aver superato un livello ma mettendoci più del necessario. Non saprei quantificare il necessario, ma queste erano le regole. Io, al contrario del mio rivale, prendevo quasi sempre il bonus.

Ricordo un anno in particolare in cui per qualche strana coincidenza ci ritrovammo in vacanza non solo noi 4 (io, i miei e mia sorella) ma anche qualche zio e cugini vari. Era mattina, l'ultimo giorno prima della partenza e mi concessi un paio di partite prima di tornare a Milano. Mi allontanai soddisfatto dal cabinato che mostrava in bella vista la classifica dei punteggi: DAN & DAN primo e secondo posto.

L'ultimo livello.
 

A parte questi paragrafetti dove flexo e sposto come al solito il focus dall'argomento principale, non posso non chiedermi come ho fatto quel giorno ad essere così cattivo. Ho rotto, non di proposito ok, la corda della mia amichetta di cortile e non contento (e questa volta di proposito) ho scagliato via i pezzi rimasti! Come già detto la bambina si mise a piangere, mio padre non mi disse niente ma mi riportò per mano su a casa. Rammento mia madre che aprì la porta con la faccia stupita vedendo che eravamo già tornati. La mia memoria purtroppo si ferma qui, non ricordo se fui sgridato, se ricomprammo la corda, nulla. Dopo la scena della porta c'è il vuoto.

A ripensarci sono shockato, non mi capacito di tanta crudeltà e sadismo. Per fortuna, come Ned Flanders, sono cambiato. La ritengo la cosa più cattiva che io abbia mai fatto, al netto di tutte quelle che mi vengono in mente ovviamente. Ma non vi preoccupate, la vita giustamente, il karma o la legge del contrappasso me la fa pagare: mi ha fornito una schiena difettosa, perdo i capelli, scarsi risultati scolastici, al lavoro e in amore. Ah, e ho preso per la terza volta il covid...!



AGGIORNAMENTO 18/01/2022

La reazione della mia amica di cortile fu praticamente identica a quella della piccola Lucy Henderson del film "Piccola peste" ("Problem child")

 

 

Eccola adesso Colby Kline

https://www.instagram.com/colbykline/feed/?hl=it







martedì 23 giugno 2020

George Floyd: una morte socratica

«È giunto ormai il tempo di andare, o giudici, io per morire, voi per continuare a vivere. Chi di noi vada verso una sorte migliore, è oscuro a tutti, tranne che al dio.»

Σωκράτης Sōkrátēs

Una cosa che ho sempre fatto con una certa regolarità nel corso degli anni è quella di guardare online foto, video di genere gore/splatter, materiale per stomaci forti insomma. Al liceo scoprii Rotten, poi per anni frequentai da visualizzatore Geniv's forum, soprattutto la sua sezione "steel stomach" ovviamente. Internet cambia, si evolve e così anch'io devo sempre cercare nuove fonti per nutrire la mia curiosità di questo genere di cose. Non si tratta semplicemente di puro gusto e soddisfazione derivante dal macabro. Sono tutto l'opposto degli utenti tipo che godono nel vedere immagini e video sconcertanti. Quei fuori di testa, malati di mente che commentano sotto i video di theYNC ad esempio. Non sono per niente sadico e ben lontano da quello schifo di sottomondo culturale fatto di subumani della sezione random di 4chan. Sento che in qualche modo vedere questo genere di cose mi aiuta a percepire la fortuna della mia situazione, la grandezza della mia vita rispetto a certe realtà. In più mi servono da esempio di quanto l'uomo possa arrivare in basso e da monito per sapere cosa non diventare.


Per farla breve: ho visto davvero di tutto su internet (decapitazioni, mutilazioni, torture varie, risse ecc) ed anche se ormai sono preparato mi capita, a volte, di incontrare un contenuto in grado di turbarmi. È questo il caso di George Floyd. Morto ammazzato. Così, per sfizio. Afroamericano, 46enne, nato a Houston in Texas (uno dei cinquanta Stati federati degli Stati Uniti d'America), padre di due figli, Quincy Mason Floyd di 22 anni e Gianna Floyd di 6 anni. Atleta multisport al liceo e rapper/freestyler chiamato "Big Floyd", fu condannato nel 2009 a 5 anni di reclusione per una rapina a mano armata aggravata con un arma letale nei confronti di una donna texana di nome Aracely Henriquez. Scontata la sua pena, inizia a lavorare come guardia di sicurezza in un supermercato, lavoro che perde recentemente a causa della pandemia. Pandemia che, purtroppo, non lascia un segno solo sul suo lavoro ma anche su di lui: al momento del decesso risultava positivo al COVID-19.

George Floyd

Floyd si reca da Cup Food e compra un pacchetto di sigarette pagando con un pesso da $20. I due impiegati del negozio dubbiosi sull'autenticità della banconota lo invitano a restituire la merce. Floyd si tiene il pacchetto e i tizi del negozio chiamano la polizia che, in sette minuti, è già lì. Si sa come è andata a finire... quasi 9 minuti di tortura: un ginocchio sul collo, Floyd sdraiato a terra prono, polsi legati dalle manette dietro la schiena con praticamente zero possibilità di muoversi. Col poco fiato che gli rimaneva continuava a dire di non riuscire a respirare e di avere dolori a tutto il corpo. Sapeva che lo stavano uccidendo, sapeva che di lì a poco sarebbe morto.



La cosa che mi ha stupito del fatto è proprio la futilità dei motivi che hanno portato ad un'azione del genere, le circostanze, il menefreghismo col quale l'agente, mano in tasca, ha letteralmente soffocato a morte un uomo. Non posso neanche lamentarmi con gli spettatori che non hanno potuto fare altro che filmare l'accaduto. Cioè, è chiaro che con agenti di polizia così violenti c'è la possibilità di fare la stessa fine. I passanti, gli astanti hanno provato in tutti i modi a dire agli agenti di fermarsi. L'unico modo per far smettere Chauvin (il poliziotto che ha commesso l'omocidio) era andare di persona e trascinarlo via. Ma c'era un altro agente davanti a bloccare la folla, pronto a sparare, insomma...

Derek Michael Chauvin

Gli agenti dichiarano che Floyd fece resistenza, cosa smentita dai filmati delle telecamere che anzi mostrano un uomo collaborativo. Il 30 maggio 2020 si fa l'autopsia: non risultano segni di asfissia o strangolamento. Maddai! Anzi, vengono messe in evidenza pregresse condizioni di salute alterate dell'uomo, quali problemi di ipertensione cardiaca e disturbi alle arterie coronarie, verosimilmente aggravatisi dalla manovra adoperata al punto da risultare letali. La famiglia di Floyd ha immediatamente richiesto una seconda autopsia indipendente. La seconda autopsia stabilisce come causa di morte l'asfissia provocata dalla manovra che ha ostruito il flusso sanguigno. Ovvio.


Questa, la tragica ed assurda storia. Punti in comune che, IMHO, ha con un'altra storia un po' meno recente: la condanna e successiva morte del filosofo Socrate nel 399 a.C.
Socrate venne incarcerato e condannato a morte ingiustamente, accusato di corruzione dei giovani, ai quali, secondo gli accusatori, insegnava con le sue parole, come fosse il peggiore dei sofisti (nel senso più dispregiativo del termine), la ribellione, la corruzione morale ed un'attitude al disordine sociale. Il suo modo di dialogare così free dava fastidio. A ciò si aggiunge l'accusa di non credere nelle divinità della città (Atene). Accusa che in realtà era solo un pretesto, poichè secondo le leggi dell'epoca non si poteva condannare una persona per semplice ateismo ma, al massimo, per empietà [un comportamento che prescinde consapevolmente da quanto è ritenuto sacro o morale, suscitando una profonda e generale reazione di orrore o ribellione.]

Libertà di espressione

Socrate, una delle persone più umili mai esistite, accusato ingiustamente, paragonato ai sofisti che tanto disprezzava, accettò con serenità la sentenza di morte. A niente servirono gli sforzi di amici e conoscenti per liberarlo. Pensate che, con la complicità di alcuni carcerieri corrotti, avevano un piano per farlo evadere ma egli rifiutò, sapendo che «è meglio subire ingiustizia piuttosto che commetterla». La sua rettezza morale, i suoi incorruttibili valori gli impedirono persino di rimandare di qualche ora la sua fine: era consuetudine eseguire la condanna a morte al tramonto, evidentemente nel suo caso era ancora presto. Ma non era importante. Bevve senza lamentele la cicuta e, anzi, si assicurò in ultima istanza di lasciare questo mondo senza debiti irrisolti: disse al figlio Critone che dovevano ancora un gallo ad Asclepio



Socrate non si oppose alla legge, la assecondò. Consapevole della sua innocenza, ciò gli bastava. Non aveva bisogno di provare nient'altro a nessuno. Durante il processo non si portò dietro i familiari per impietosire il pubblico, si accontentò di smontare con logica razionalità le accuse e le basi stesse del processo. George Floyd non oppose resistenza, era collaborativo al massimo. Alle richieste del poliziotto di stare fermo risponde "non posso muovermi". All'ordine del poliziotto di entrare in macchina risponde "i will", "lo farò". Lo voleva davvero fare ma gli è stato impedito.
George e Socrate sapevano che sarebbero morti. Socrate per lo meno ha avuto un processo, giusto o sbagliato che sia. Socrate aveva delle possibilità: un processo e tentare di scappare. George nessuna delle due. Socrate si dice non abbia sofferto, il veleno portava ad una progressiva paralisi dai piedi in sù. George ha passato quasi 9 minuti di agonia. Due storie tanto diverse quanto simili, o tanto simili quanto diverse. Due persone che speravano che la legge facesse la cosa giusta. Due persone che pensavano che la giustizia avrebbe trionfato ma che in fondo sapevano come sarebbe andata a finire.


Due tristi storie tanto lontane temporalmente tanto vicine nel loro ingiusto epilogo.





Pensate che c'è gente in grado di scherzare su quest'argomento...



 Chissà quante risate nella redazione di Charlie Hebdo invece








https://twitter.com/gelkindo/status/12688095       3376713?s=20


venerdì 25 gennaio 2019

Cartone ondulato

C'era un tempo in cui praticavo arti marziali, per la precisione il Qwan Ki Do. Quest'arte marziale cino-vietnamita chiamata in tanti modi diversi, che col tempo assunse tante forme e stili diversi, con tante scuole diverse, ciascuna che lo insegnava in modo diverso. Con competizioni con regole diverse.
Lo praticai per una decina d'anni, dagli 11 fino ai 21 circa. Dopo l'esame per la cintura nera proseguì per un po' e poi mollai per mancanza di stimoli.

Son Thin: il dojo dove mi allenavo

gelkindo & Derazioning negli anni d'oro

Pham Xuan Tong è il simpatico maestro fondatore di questo stile di kung fu, l'unico a possedere una cintura personalizzata, diversa dalle altre: bianca con tutti i colori attorno.


Colui che fu il mio Maestro per la maggior parte del tempo risponde al nome di Gianandrea Bungaro, una gran brava persona, interessato alle arti marziali quanto al sociale ed alla politica e a come vanno le cose. A parte un po' di baffetti e pizzetto la barba non gli cresce. Ha sempre avuto i capelli spettinati con un singolo dreadlock più lungo. Fisicamente sempre snello e in forma.


Prima di passare al corso degli adulti ovviamente stavo in quello dei ragazzi, dei piccoli. Negli anni ne ho visti passare, rimanere ed andarsene tanti ma tanti ma tanti. Alcuni sono scomparsi nel nulla, altri hanno lasciato qualche traccia, altri li vedo e li sento ancora. Uno di questi si chiamava Luca e per via della mole e per differenziarlo da un altro omonimo il Maestro lo chiamava Lucone.

Lucone è quello con la felpa rossa

Una sera dopo l'allenamento di Qwan Ki Do nel tornare a casa Lucone mi propone di accompagnarlo in cartoleria poichè deve comprare del materiale per la scuola.  La cartoleria è quella storica dei Fratelli Bonvini, che recentemente hanno resturato rendendolo un po' museo, un po' atelier e comunque sempre cartoleria. La cosa interessante è che se ci passate davanti ogni giorno la vetrina sarà diversa, con oggetti diversi disposti in modo diverso. Pazzesca la forza di volontà di chi la cura!

Un dipinto della Cartoleria risalente al 200 Avanti Cristo

Io e Luca entriamo in questa cartoleria e ci appare una anziana signora che notiamo subito ha delle grosse difficoltà nel parlare e nell'articolare le frasi. Lucone cerca di spiegare che gli servirebbe un cartoncino, quello normale, proprio scatola di cartone ecco. La signora comincia a biascicare e non riescono ad intendersi. Ad un certo punto dal retro, una voce potente: "Arrgh, ci penso io!". Si presenta a noi questo signore sulla sessantina abbondante, duro come la roccia, cattivo: il Clint Eastwood delle cartolerie in pratica.


Tutto scocciato fa: "Che vuoi?!" e Lucone intimorito prova a spiegarsi ma non ci riesce, non sa come si chiama quel tipo di cartone che gli serve. Il signore gliene mostra uno, due, ma non sono quelli che gli servono! Allora Lucone cerca in un ultimo disperato tentativo di spiegarsi a gesti. "Mi serve quel cartone che dentro è fatto così..." e col dito fa il movimento di un'onda.

In effetti è fatto così

Il Signor Bonvini capisce e tuona: "CARTONE ONDULATO!" e mentre esclama la frase tira un pugno micidiale sul bancone!


Noi rimaniamo impietriti mentre il cartolaio Non Tanto Amico sparisce nel retro per riapparire pochi istanti dopo gettando letteralemente addosso a Lucone un pezzo di cartone.


"TOH!". Lucone giustamente: "quanto cost..." ma non fa in tempo a finire la frase che il signor Bonvini "Niente, niente!!". Era talmente stufo che non lo fece pagare. Non voleva perdere altro tempo con noi. Allibiti, col cartoncino in mano ci guardiamo perplessi mentre Egli se ne torna scocciato nel retro e noi usciamo.


Il Signor Bonvini! Giuro, è lui!









domenica 6 gennaio 2019

Stork

Qui è un casino...

Questa parola compare in un film, Flubber (un professore tra le nuvole il sottotitolo italiano), del 1997 con l'indimenticabile Robin Williams a vestire i panni del protagonista, il professore di chimica Philip Brainard.



Buongiorno, o buonasera, a seconda del caso

Il cognome del personaggio contiene il termine inglese brain, cervello. Un caso?


(Adam Kadmon)


Forse no.
In questo film il professore convive con dei robot in casa sua, il più intelligente dei quali si chiama Weebo


  
 

Che poi il nome del rotondo robottino giallo è la sfumatura negativa del termine Otaku. Sapete, i fissati con la cultura giapponese, manga, anime, cosplay ecc:

"Termine della lingua giapponese che dagli anni ottanta indica una subcultura giapponese di appassionati in modo ossessivo di manga e anime, e altri prodotti ad essi correlati", così ce li descrive nel 2009 Hiroki Azuma (東 浩紀), scrittore e critico letterario giapponese.





Weebo possiede una vera e propria intelligeza artificiale ed oltre a saper volare e parlare ha una memoria interna immensa piena di video, spezzoni di film e così via che in una frazione di secondo può andare a pescare e mostrare su di un grazioso schermo apri-e-chuidi. Una cosa bellissima, è quello che farei anch'io se avessi uno schermo: accompagnerei le cose che dico con foto e video. Weebo questa cosa la fa alla grande, poichè ogni scena che mostra è perfettamente abbinata al contesto, alla situazione, all'emozione di quel momento. La sua intelligenza sostituisce le miliardi di sinapsi e percorsi neuronali con l'accesso ad un immenso database diviso per categorie (keywords o hashtag?) in modo da filtrare velocissimamente il materiale e mostrarlo al momento opportuno. Il nostro pensare, immaginare, per Weebo si tramuta in qualcosa di realmente visibile.




Sicuramanete Weebo può o recuperare dal suo hard disk le cose salvate in memoria o trovarle con la forza del pensiero (che però per lei equivale ad una ricerca su internet). Si, ho scritto lei in quanto Weebo ci viene presentato come femmina, con voce femminile, alter ego femminile, innamorata del professore e gelosa della donna amata dallo stesso). In un momento del film mentre il professore dorme si costruisce un alter ego combinando più esemplari femminili di essere umano e crea un ologramma così da poter baciare il professore nel sonno!



Mentre il professore è fuori casa con Sara - la fidanzata che ogni volta prova a sposare ma poi si dimentica di presentarsi al matrimonio e il malvagio Wilson ci gode - entrano gli scagnozzi del padre di uno studente del professore: l'obiettivo è rubare Flubber! Weebo tentando di difendere la proprietà vene colpita da una vera e propria mazzata che la lascia morente. Quando Philip e Sara tornano a casa trovano una Weebo ormai in fin di vita cui addirittura  "le esce l'acido dalle batterie".



In un ultimo, disperato, tentativo di comunicare Weebo mostra sul suo schermo la parola STORK.
Inizilamente sembra un indizio senza senso ed il professore suppone che sia prprio così, che weeboo sia talmente messa male da aver tirato fuori lettere a caso. Ma dopo un illuminante bacio di Sara il professore ha un'intuizione: veniamo a scoprire che STORK è la parola chiave per l'accesso al progetto di un nuovo Weebo, quello che conosciamo come Weebette (di cui abbiamo già parlato sopra).




Ma perchè proprio STORK?
Ci sono essenzialmente 2 motivi:

1) in inglese significa cicogna, e sappiamo bene che folkloristicamente e culturamente questo animale è colui che porta i bambini appena nati. Quindi ha senso che da questa parola ci siano le basi per la creazione di un nuovo robot





2) Stork è il cognome di un emerito e pluripremiato chimico belga naturalizzato statunitense, Gilbert Stork. Scomparso nel 2007, a lui dobbiamo la Sintesi delle enammine di Stork, una roba complicatissima da smanettoni della chimica.

reazione di Stork



Sarà poi lo stesso ologramma creato prima da Weebo, usato post-mortem,  a lasciare un messaggio (a cui si può acedere solo conoscendo la parola segreta STORK) in cui viene spiegato che c'è salvato sul computer il progetto per un nuovo robot, il suo successore in rosso Weebette. Versione migliorata e più snella del modello precedente ma che io trovavo molto irritante, sia nella vocina da ragazzina sia nell'atteggiamento. Weebette non sopporta Flubber come io non sopporto lei.




Pesantissima la frase pre-luna-di-miele di Weebette "Quando saremo in albergo puoi dire e fare quello che vuoi ma io in stanza con te non ci dormo. Guardalo, fa schifo! Non fa altro che rimbalzare. Fa un mucchio di versacci. Cambia continuamente forma! Spero che al sole delle Hawaii si squagli!"


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martedì 4 dicembre 2018

Toasty!

O meglio, "potty" come capivo da piccolo e come continuo a pensare che sia.

Sono nato nel 1989 e da piccolo in età elementare ero solito videogiocare assieme a mio cugino Nino col Super Nintendo ad un famoso gioco di botte: Mortal Kombat 2. Si, direttamente il 2, il primo capitolo lo recuperai anni dopo assieme ad un altro Super Nintendo (d'ora in poi se mi capita di doverlo tirare in causa lo chiamerò con l'abbreviazione SNES) in un negozio di retrogamng a milano in via Meda 37; ora invece si trova ad Assago in via Concordia 9 per la precisione.

Ricordo che scoprì il negozio su una rivista di videogiochi, molto probabilmente la storica PSM, quando all'epoca avevano pagine dedicate a pubblicità di questo tipo. Fantastico!

PSM n°6 del settembre 1998: una pubblcità con indirizzo e tutto il resto

Eh allora dico a mio padre "ci andiamo un giorno?" e ci andammo. Entriamo, esploriamo il negozio, vedo tante cose fantastiche, cose che ricordavo appena, console e accessori mai visti, tutto ordinato, tutto logico. Vidi cose del Game Gear...! Console che possedevo e che prosciugava SEI batterie di medie dimensioni, le stilo, le AA per dirlo all'americana.


Bella domanda





Decidiamo di acquistare uno SNES usato con controller e un gioco: Mortal Kombat, il primo, quello senza cifra dopo la parola Kombat. Il tizio me lo fa addirittura provare per testare il suo effettivo funzionamento. Io vado diretto con Sub-Zero ignorando il consiglio del tipo del negozio che mi voleva far scegliere Scorpion, che col suo arpione "...non li faccio nemmeno partire!" diceva. Non avevo mai giocato al primo capitolo, per questo lo scelsi (anche se era disponibile il 2 che è meglio sotto tutti i punti di vista). Lo vidi una sola volta in una sala giochi... Forse ero a Cesenatico o comunque da quelle parti... E forse non era neanche MK ma MKII. Ma non importa.

Il mio Super Nintendo ingiallito dal tempo


La mitica cartuccia che acquistai quel giorno



Ecco il sito del negozio, con una grafica che anch'essa riesce ad essere retro:

http://www.oldgame.biz/
http://www.oldgame.biz/index2.html

Avete notato che il sito non termina in punto com, punto it, punto org e così via? Bensì punto biz. Approfondiamo:

.biz è un dominio di primo livello generico. È stato introdotto nel 2001, attualmente è amministrato dalla società Neulevel. Data la numerosa richiesta di domini .com è stato creato questo per le aziende e gli operatori del commercio, infatti biz è un'approssimazione fonetica della prima sillaba di business in inglese. Tuttavia non ci sono requisiti da soddisfare per richiedere questo dominio, quindi la registrazione è di fatto aperta a tutti.

Non può mancare il loro negozio online su ebay: http://www.ebaystores.it/Old-Game-Videogiochi-e-Retrogames

Ovviamente sono social al punto giusto e li trovate anche su Facebook, Instagram e persino Youtube!

Organizzano eventi, sono molto presenti alle fiere con tutta la loro merce e soprattutto con un sacco di roba da provare, da giocare!




Ed è proprio a Mortal Kombat che si collega il titolo di questo... post? Boh.
Prima di divagare ho scritto che da piccolo giocavo a Mortal Kombat 2. In questo gioco per la prima volta appariva la figura a mezzo busto di Daniel Warner Forden, programmatore americano che si occupava della musica e degli effetti sonori ma che non disdegnava suonare il basso nella band indie rock Cheer-accident (ma solo tra il '92 ed il '93).


Pensate se avesse avuto 4 braccia come Goro cosa avrebbe potuto fare!

Per qualche motivo decisero appunto di inserirlo in Mortal Kombat 2. Ma non come successe anni dopo con Mokap, tributo a Carlos Pesina:




Durante il gioco, durante i combattimenti, Dan Forden era solito spuntare dall'angolo in basso a destra. Letteralemente! Sbucava all'improvviso esclamando "toasty!". Da piccino ne ero spaventato ma volevo giocare lo stesso perchè il gioco mi piaceva. Resistevo un po' e ogni tanto mi nascondevo dietro la tenda e sentivo mio cugino che mi sbeffeggiava a suon di "potty!" (ma io riconoscevo quando era lui a farlo e quando invece era quello del gioco!).
Quello che ricordo è la versione di mortal kombat trilogy con t-shirt viola.
In generale i capitoli 2d li ho sempre giocati con l'ansia poichè sapevo che prima o poi sarebbe comparso. Col tempo ho capito che compariva in determinate condizioni, solitamente con un bel uppercut, e non completamente a caso.



Mortal Kombat II


Mortal Kombat III / Ultimate Mortal Kombat III / Mortal Kombat Trilogy
  

Mortal Kombat IX


La chicca è che in determinate circostanze diceva "crispy", tipo con la stage fatality della lava o "toasty 3D" dopo la fatality di Scorpion in Mortal Kombat 4, primo capitolo in 3D.



Rimanendo in tema spaventi, eco una creepypasta sull'argomento: 



*** AGGIORNAMENTO ***

Sempre in questo periodo i miei genitori sapevano della mia paura di quest'omino potty. In particolare un giorno, parlandone, mio padre mi disse "se un giorno lo incontro per strada gli tiro un pugno". Io che da piccolo credevo a tutto presi la cosa piuttosto seriamente e ricordo che per un periodo di tempo imprecisato ogni volta che mio padre tornava a casa dal lavoro io gli chiedevo "hai incontrato potty?". Purtroppo non l'ha mai incontrato...


Io, mio padre e mia sorella in pieno periodo potty